ORIGlNI

di Marco Belfiore

 

Già attorno al 350 a.c. il grande Aristotele menziona i “Cani Cirenaici” nella “Historia animalium” e nel “De generatione animalium”.

L’ipotesi più attendibile sull’origine del termine Cirneco, è quella scritta dal professore Antonino Pagliaro nel 1950 sulla rivista “Ricerche linguistiche”. nella quale spiega come il nome siciliano “cirnecu” provenga dal greco “Kyrenaikòs” , cioè “cane cirenaico” e attraverso una mediazione latina diventi ”Cyrnaecus”, confermando così la presenza del Cirneco in epoca greca.

La parola Cirneco la troviamo per la prima volta in una prammatica del 20 Aprile 1533 in cui si vieta l’uso del Cirneco poiché dannoso per la selvaggina “…non si possi andar a caccia con cernechi per essere molto dannosi alla detta caccia de lepri”.

Già nel 1517 però lo Scobar usava il termine “Chirnecus” nel suo “Vocabolarium nebrissense”.

Come ottimi segugi li definisce nel 1650 (Natura et Solertia Canum) e nel 1653 (Variarum Lectionum sive Venationum Heorum” Cirino Andrea da Messina.

Nella metà dell’800 lo zoologo Giuseppe Galvagni denomina il Cirneco “Canis Etneus” e nel famosissimo romanzo “Il Gattopardo”, Tomasi di Lampedusa scrive “…il cane Romeo, che latrava breve in un cantone, era il tris nipote di un altro cernieco”.

Donna Agata Paternò e Domenico Diletti vollero per primi che il Cirneco venisse chiamato “dell’Etna” e dal 1939 è ufficialmente conosciuto e riconosciuto dall’Enci come Cirneco dell’Etna.

 Diverse sono le ipotesi dei vari studiosi sulle origini del Cirneco.

Secondo l’etologo Mainardi sarebbe collegato al basenji centrafricano in una catena evolutiva di cui fanno parte il cane egizio, il dingo australiano, il cane paria dell’india, tutti risalenti al lupo.

Fiorenzo Fiorone fornisce una teoria secondo la quale gli antichi levrieri sarebbero gli antenati del Cirneco, i levrieri dall’Etiopia si sarebbero diffusi in Egitto e nel Nord Africa, da qui i Fenici ne fecero oggetto di commercio, esportandoli così Britannia (da dove nacquero tutti i levrieri europei), in Grecia, Sicilia, Malta e Baleari. Quindi il Fiorone sostiene che il Cirneco in Sicilia sia il frutto di un lungo adattamento all’ambiente e che in mancanza di grandi spazi per poter galoppare, carenze alimentari e allevamento in consanguineità il levriero importato dai fenici si sia miniaturizzato adattandosi all’ambiente ed alla selvaggina isolana.

Mentre per il Fiorone gli antichi levrieri sarebbero gli antenati del Cirneco, per il conte Giovanni Bonatti Nizzoli di Carentino è vero esattamente il contrario e sostenne che il Cirneco è “…l’archetipo vivente dei cani dolicomorfi, anello di congiunzione tra gli sciacalli ed i levrieri”. Secondo il Bonazzi la razza deriva da incroci tra il Canis Lupaster ed il Caberù (detto anche Sciacallo del Semien o Lupo abissino) il cui nome scientifico è Canis Simensis.

La presenza nell’antico Egitto è ampiamente documenta, la famosa “Spedizione d’Egitto” dell’archeologo francese Champollion nel 1828 ha portato alla luce bassorilievi e disegni di antichi cani egiziani molto simili al nostro Cirneco e sicuramente usati anche per la caccia perché spesso raffigurati assieme a cacciatori, soprattutto a Luxor e Ben-Hassan.